Benvenuti nel mondo di Ferruccio Pavesi
Architetto e fotografo varesino, con 63 anni di vita e una carriera ricca di esperienze Ferruccio osserva il mondo con un occhio attento, coniugando attenzione ai dettagli e creatività. Le sue fotografie raccontano realtà quotidiane che non si stanca di osservare, fermando emozioni attraverso le immagini.
Ferruccio è noto per la sua capacità di raccontare storie senza tempo, catturando con il suo “terzo occhio” l’essenza di ciò che lo circonda, e trasformando così l’ordinarietà in straordinarietà.
In questo spazio esprime la sua passione per l’arte e la fotografia, condividendo immagini e spunti con chi desidera esplorare nuove visioni. Le sue fotografie riflettono i suoi valori di bellezza, prospettiva e innovazione, in una combinazione di leggerezza e profondità.
Ferruccio Pavesi, la geometria dello sguardo
recensione di MARIO CHIODETTI
“Come descrivere un uomo che adopera come didascalia di alcuni suoi scatti i versi di una vecchia canzone del Duo Fasano? Un poeta? Un visionario? Un nostalgico di tempi andati, quando il tram a Milano lo guidava il padre di Carla Fracci e arrivato davanti alla Scala suonava la campanella? Milano, appunto, la palestra fotografica di Ferruccio Pavesi, l’uomo in questione, colui che ha pubblicato a 61 anni un libro di altrettante pagine, una per ogni primavera della vita, una per ogni emozione, amore o delusione, ma anche parecchie per farci arrivare un messaggio palpitante, perché ancora legato al vivere delle persone, al loro lottare quotidiano, al movimento incessante delle passioni.
Come ritrarre Ferruccio? Un uomo che fa dell’architettura uno strumento per osservare in continuazione ciò che gli sta attorno, linee, curve, pinnacoli e strade, muri e colonne, ma soprattutto sa catturare l’istante che punge, come faceva il maestro di tutti i fotografi di strada, Henri Cartier-Bresson, che con la sua Leica, come un gatto all’agguato, “fissava l’idea”, la stessa raffigurata in un celeberrimo disegno pubblicitario di Marcello Dudovich.
Il Duo Fasano, l’Italia del dopoguerra che ha voglia di rinascere e costruire – ed ecco ricapitare l’architettura- la spensieratezza delle canzoni di Sanremo, il «vecchio tram che sferragliando passi. Quante cose potresti raccontar», le stesse che Ferruccio scrive ogni giorno con il suo cellulare che, guarda caso, monta un’ottica Leica.
Ma il libro è soltanto una prima traccia del lavoro fotografico dell’architetto con “l’occhio prensile”: lui non solo ha “pendolato” per anni da Varese a Milano, dove aveva lo studio vista Duomo, ma oltre alla vita di strada la sua fotografia si rivolge spesso al paesaggio, agli amati laghi del Varesotto, ai pescatori, e spesso in quel caso le persone non ci sono, a parlare sono gli spazi, le case, le rive, i muri o gli alberi, le cannucce palustri e i fiori di ninfea ormai secchi che spuntano dal ghiaccio invernale. Qui il fotografo scruta dentro di sé guardando verso l’esterno, è come se il paesaggio fosse la sua anima e gli parlasse, attraverso i colori delle praterie di falasco, il grigio azzurro del cielo e il blu cobalto delle acque, consegnandogli sempre un messaggio di speranza. Fotografie consegnate al mondo digitale, nel portale di “Vogue”, dove ne conta oltre 130, pubblicate in cinque anni.
Ferruccio Pavesi “fotografo per passione”, si legge invece nel suo profilo Instagram, dove chi vuole può passeggiare nel suo mondo e scoprire cieli annuvolati e “barchèt” di vecchi pescatori rimasti a gettar reti in acque non più amiche, e poi biciclette, tante, ferme e in movimento, che lui fotografa ovunque, quasi come un mantra dinamico da recitare sempre, per mantenersi in equilibrio. Ferruccio scatta da 40 anni, da ragazzo andava al Faido a ritrarre le ville lungo la ferrovia con una piccola Kodak, poi la prima Minolta avuta a militare, le ottiche acquistate poco per volta e il teleobiettivo per ritrarre i volti degli amici, le loro espressioni.
Il fotografo compie il suo praticantato, prima di decidere che Milano sarebbe stata la palestra e il Duomo il totem immutabile che solo il variare delle stagioni, dei cieli, di luci e ombre avrebbe trasformato in un modello da ritrarre continuamente, dalle finestre del suo studio di architettura al terzo piano di un palazzo storico, proprio di fronte alla Madonnina. Forse è stata quella la scintilla che ha acceso l’immaginazione di Pavesi, catapultandolo sulle strade della metropoli a osservare la gente e a sorprenderla con la velocità del cellulare e la sua quasi invisibilità, a scoprire i moti contrari dei camminatori, il loro mimetismo involontario, a caccia di quel “non visto” magrittiano che è il segreto di grandi prestigiatori dell’immagine, come Luigi Ghirri.
Il fulcro della fotografia di Ferruccio sono i piccoli momenti quotidiani, le azioni inconsapevoli, gli incontri casuali, le geometrie urbane fatte a volte di ostacoli imprevisti, con il bianco e nero a sottolinearne l’essenzialità, il rigore formale, la precisione dei contorni, il gioco eterno di luci e ombre che annulla il tempo, consegnando a noi osservatori piccoli frammenti di eternità.
«Vecchio tram, sei l’amico di chi, stanco dal lavoro, se ne torna verso il proprio casolar», cantavano Dina e Delfina Fasano in quel lontano 1952, e Pavesi per anni ogni sera è salito sul treno delle Nord per ritornare a Varese, gli occhi pieni di immagini catturate o da catturare il giorno dopo con l’inseparabile smartphone, in un viaggio infinito verso la conoscenza, alimentato da una curiosità ancora fanciulla e salvifica. “Pendolando”, Ferruccio ha trovato il suo focus, la variabile che trasforma una giornata normale nel piacere di un incontro, di una scoperta, di un’ingannevole prospettiva che burla il nostro cervello abituato alle certezze. La fotografia come indagine, ma anche gioco e analisi interiore, un modo per allontanare i fantasmi e vedere oltre, camminando a fianco di chi inconsapevolmente viene ritratto e consegnato al mondo in una frazione di secondo.
L’uomo con il cellulare non si stanca di comporre immagini, di creare dittici e trittici, sequenze di quella vita quotidiana che la fretta della modernità ci impedisce quasi sempre di cogliere, condannandoci a una superficiale visione dell’esistenza e di chi con noi la condivide. Pavesi la racconta da anni, quasi sottotraccia, ma le sue sono pagine colorate, che danno voce al pensiero e all’azione, a volte al dubbio altre alla serenità. In una parola, alla socialità, medicina della quale ognuno di noi, oggi, ha un disperato bisogno.”
Mario Chiodetti
L’ occhio architettonico di Ferruccio Pavesi: un viaggio attraverso le sue personali prospettive.
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Esplora l’Architettura di Milano, oppure l’ordinaria straordinarietà della street-photography, la suggestività dei laghi, la curiosità dei dettagli e immergiti nel magico mondo di Ferruccio.
MOSTRA EVENTO
30/11/2024 – 12/01/2025
“ARTISTI DIALOGANTI”
Villa Mirabello, Sala del Lucernario via della Motta, 4 – Varese
(Musei Civici di Varese)